MUSEO ARCHEOLOGICO DI PALAZZO FARNESE A PIACENZA

ACCESSIBILITA'

Il museo si trova al piano terra ed anche questa parte del Palazzo Farnese è accessibile. Bisogna avvertire gli addetti in biglietteria perché oltre all'ascensore c'è da usare un servoscala. 

COSA C'E' DA VEDERE

La collezione archeologica comprende vari reperti, alcuni abbastanza comuni nelle collezioni archeologiche.

Come molti mosaici, in questo caso accompagnati dalla ricostruzione di una parete affrescata. In alcune teche sono infatti esposti anche frammenti di pitture murali.

Poi le famose anfore, anche se si fa presto a dire anfora, quale modello vi serve? Dipende da cosa dovete trasportare e da qual è il mezzo di trasporto. La terza ad esempio serviva a trasportare olio o vino via nave; la forma affusolata e la lunga punta permette di posizionarla contro la parete inclinata della stiva ed incastrarla tra i colli di altre anfore in modo da formare vari strati.

Bene, ora che il vino è finalmente arrivato via nave da Cartagine, direi sia il momento di assaggiarlo. Se i calici di vetro sono ancora troppo costosi e difficili da produrre da dove beviamo? Direttamente dall'anfora? No, cerchiamo di non fare la figura degli ubriaconi, usiamo un elegante bicchiere in terracotta sigillata. Queste stoviglie lucide e decorate usando delle matrici all'epoca per la classe media romana erano un po' l'equivalente dei calici che compongono i nostri servizi di nozze.

Concludiamo con un reperto che invece è unico al mondo: il fegato di Piacenza. Si tratta di una riproduzione in bronzo a grandezza naturale del fegato di una pecora con tre protuberanze che rappresentano la cistifellea, il processus pyramidalis e il processus papillaris. La superfice poi è divisa in sezioni, ognuna dedicata ad una divinità. Perfetto, ma a che cosa poteva servire? Prima di tutto dovete sapere che gli aruspici (sacerdoti che svolgevano il lavoro di indovini) etruschi erano soliti interpretare la volontà degli dei esaminando il fegato degli animali sacrificati, valutando la presenza di eventuali macchie o anomalie, che potevano essere ricondotte ad un segno di questa o quella divinità a seconda della loro posizione. Il problema è che non si sa esattamente dove quest'oggetto sia stato rinvenuto, se in una tomba o in un santuario ad esempio, e che non è mai stato ritrovato nulla di simile, quindi sulla sua funzione si possono fare ipotesi, ma non è possibile provarle. Comunque la prima possibilità è che questo oggetto appartenesse ad un aruspice che lo usava per ricordare meglio a quale area del fegato fosse collegato ciascun dio o dea; la seconda è che servisse per insegnare ai giovani sacerdoti l'arte della divinazione, una sorta di libro di testo. L'ultima vorrebbe che si trattasse di un oggetto originariamente tenuto in mano da una statua o di un dono ad un santuario a causa degli scarsissimi segni di usura.

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