MUSEO CERVI A GATTATICO

 ACCESSIBILITA'

Il percorso è parzialmente accessibile. Alle camere del primo piano si arriva solo con le scale.

Ci sono i bagni disabili.

COSA C'E' DA VEDERE 

Il museo racconta la storia della famiglia Cervi ed in particolare dei sette fratelli che vennero fucilati dai fascisti in quanto partigiani. Questa era la casa dove vivevano con i genitori, le mogli ed i figli.

Nel museo si racconta anche la vita quotidiana della famiglia durante il ventennio fascista ed i loro tentativi a volte di aggirare le regole, come questo piccolo alambicco che serviva per distillare la grappa a partire dagli scarti che rimanevano nelle botti dopo il travaso del vino. La grappa non serviva solo in casa, ma in mancanza di meglio i partigiani la usavano come disinfettante, forse anche per questo era vietato produrla in casa. Io non saprei farlo funzionare, ma scommetterei che mio nonno lo avrebbe saputo perfettamente. 

La famiglia Cervi era però anche una normale famiglia contadina dell'epoca ed al museo si racconta anche della loro vita, che si svolgeva principalmente nella stalla, dove si trovava anche il telaio con cui le donne della famiglia lavoravano la canapa per produrre la biancheria e quasi tutti i manufatti tessili che si trovavano in casa. Ma perché nella stalla? Perché con il calore prodotto dagli animali in inverno era praticamente l'unica stanza calda della casa. 

Andando poi nella camera dei genitori dei fratelli Cervi, rimasta uguale a come appariva nel 1943, vi menziono l'ottava vittima della famiglia, spesso dimenticata: Genoeffa Cocconi, la loro madre. Questa povera donna infatti morì di crepacuore neanche un anno dopo la fucilazione dei suoi sette figli e dopo che la sua casa venne a più riprese bruciata e saccheggiata per rappresaglia. 

I Cervi vennero uccisi in conseguenza all'assassinio del segretario comunale di Bagnolo in Piano; un'azione in cui loro non centravano nulla, ma si trovavano già in carcere a causa della loro attività partigiana, dunque i fascisti decisero di fucilarli per rappresaglia. Sempre per lo stesso motivo a Reggio fu ucciso anche un sacerdote, Don Pasquino Borghi, anche lui impegnato nella lotta antifascista. 

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