MUSEO DEL DEPORTATO A CARPI
ACCESSIBILITA'
Il museo è accessibile, per evitare i gradini che si trovano ad un certo punto basta tornare all'ingresso e farsi aprire il passaggio dalla biglietteria.
COSA C'E' DA VEDERE
All'ingresso questi pannelli di cemento riportano i nomi dei principali campi di concentramento nazisti. Poco vicino a Carpi sorgeva infatti il campo di transito di Fossoli, dal quale passarono moltissimi deportati italiani prima di finire nei campi da lavoro o di sterminio veri e propri.
I reperti dei campi di concentramento sono pochi, ma significativi. Questo triangolo rosso, che contrassegnava i deportati per motivi politici, ci ricorda che i regimi fascista e nazista non hanno perseguitato solo gli ebrei, sebbene su di loro si siano accaniti maggiormente, ma in generale chiunque non la pensasse come loro (i dissidenti politici), gli omossessuali, non rientrasse nella cultura in cui si identificavano (le etnie minori come i rom o gli abitanti dei territori occupati) o fosse considerato "difettoso" (i disabili). Tutte queste persone venivano tenute separate le une dalle altre anche perché avevano spesso destinazioni diverse.
In questo museo bisogna guardare soprattutto i muri, su alcuni sono state riprodotte delle opere d'arte, questa è di Picasso. Ma per la maggior parte sono tappezzati di frasi riprese da lettere di persone arrestate e spesso assassinate per non essersi volute piegare alla loro ideologia. E le parole di un parroco belga mostrano che nemmeno i religiosi erano al sicuro. La cosa che mi ha fatto impressione è che molte delle persone scrivono la loro età nelle lettere: la maggior parte non aveva raggiunto i trent'anni.
Quanti di noi, pensando ai ragazzi ed agli uomini che si arruolarono nelle truppe di Hitler, li hanno frettolosamente giudicati come suoi complici o come egoisti incapaci di provare la minima pietà per le loro vittime? Ora leggete questa frase "Non siamo voluti entrare nelle SS, perciò ci hanno condannato a morte... Noi due preferiamo morire piuttosto che insudiciare la nostra coscienza con quelle atrocità". Ora fatevi un bell'esame di coscienza: pensate che voi avreste avuto un simile coraggio? E da persone che non sanno cosa significhi vivere sotto una dittatura, abbiamo il diritto di giudicare quelli che non ebbero il coraggio di dire di no?
L'ultima sala del museo ha le pareti tappezzate di migliaia di nomi, sono tutte persone che finirono nei campi di concentramento; sembrano tantissime, ma non sono che una minima parte delle vittime del nazismo e del fascismo.
Infine questa frase di Brecht ci ricorda quanto sia importante la memoria, se una cosa è accaduta una volta potrà sempre ripetersi e sta a noi vigilare perché non accada. Ma tutto ciò implica anche una responsabilità a cui si pensa poco: non dobbiamo abusarne. Pensate a chi oggi agita come uno spauracchio il ricordo di ciò che fece il "mostro" di cui parla Brecht per criticare ogni singola cosa che non gli piaccia o che non si allinei alle sue idee... ebbene attenzione a non gridare al lupo. Altrimenti ogni avvertimento perderà qualunque credibilità e se mai arriverà qualche altro frutto dello stesso grembo, gli allarmi passeranno inascoltati e, esattamente come accaduto con Hitler, la grande maggioranza delle persone vedrà la verità troppo tardi.






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