LAPIDARIO ROMANO DEL PALAZZO DEI MUSEI A MODENA
ACCESSIBILITA'
Il lapidario si trova al piano terra del Palazzo dei Musei, l'ingresso accessibile si trova sul lato destro, dove c'è il bar.
I bagni sono accanto alla biglietteria.
C'è una discesina un po' ripida per arrivare nel chiostro, ma per il resto il percorso è completamente in pari.
COSA C'E' DA VEDERE
Sicuramente il più imponente tra i monumenti funebri di epoca romana è questo: la tomba di Vetilia Egloge. Da questa semplice iscrizione funeraria possiamo ricostruire una vicenda probabilmente non troppo rara in epoca romana. Egloge era una schiava, che venne liberata dalla sua padrona, della quale prese il nome come prevedeva la legge romana. Poi si sposò con un certo Lucio Valerio Costante, dal quale ebbe probabilmente un figlio, chiamato come il padre e a giudicare dalla tomba la famiglia doveva essere relativamente abbiente. Unica nota stonata in questa bella favola è che il bambino nacque prima che la madre venisse liberata, dunque automaticamente nacque schiavo, infatti sulla tomba è definito liberto e non figlio di Lucio. Anche se si può presumibilmente supporre che il padre lo liberò non appena lo acquistò, con tutta probabilità appena nato, dai padroni di Egloge e che non lo abbia certo cresciuto come uno schiavo; tuttavia la legge romana non ammetteva scappatoie in questo caso: il bambino non era nato libero, dunque era un liberto e non un cittadino romano a pieno titolo.
Il lapidario comprende numerosi sarcofagi con iscrizioni e decorazioni a tema funerario, alcuni dei quali hanno una particolarità: questo piccolo buco sul retro che in origine era uno sportellino. E qui parte una storia curiosa: questi sarcofagi sono rimasti per secoli in Piazza Grande, accanto al duomo, costruito proprio sulla precedente necropoli romana; essendo la piazza principale della città molti gioiellieri avevano le loro botteghe lì e pensarono bene di usare questi sarcofagi, ormai vuoti, come casseforti. Praticarono quindi questi buchi, d'altronde i sarcofagi sono in marmo, rubarli o anche solo sollevarne il coperchio per un ladro sarebbe stato praticamente impossibile.
Guardate ora questo sarcofago: è simile all'altro, ha un'iscrizione, ma non sono state completate le decorazioni. Come mai? Qui possiamo scovare un retroscena nella produzione di sarcofagi in epoca romana. Visto che certi modelli erano molto richiesti le cave di marmo cominciarono ad avviare una produzione in serie; quando si estraeva il blocco lo si modellava subito nei tratti principali, quindi si scolpiva il tetto, le colonne ai lati e lo spazio per l'iscrizione al centro. Le parti che si lasciavano incomplete erano destinate ad essere decorate in un secondo momento quando fosse stato acquistato con il ritratto dei defunti o qualunque altra scena richiesta. Questo evidentemente non è stato finito, forse per la fretta o perché la famiglia poteva permettersi di pagare per far incidere un'iscrizione, ma non per la realizzazione dei bassorilievi.
Questa stele funeraria è invece molto particolare per l'oggetto rappresentato: il magistrato Marcus Paccius Orinus fece rappresentare uno dei simboli della propria carica, una sedia curule. Di fatto si tratta di una sorta di sgabello munito di poggiapiedi e con sopra un cuscino; ma per i romani una sedia curule era un oggetto simbolico molto importante per mostrare il proprio potere politico. Per gli archeologi invece questa rappresentazione è preziosissima perché praticamente non ne sono mai state ritrovate altre.
Nell'ultima parte sono presenti anche alcune tombe rinascimentali come questa decisamente monumentale del giureconsulto Giovanni Sadaleto. Il giureconsulto era un esperto di diritto, quindi poteva essere un avvocato, nel 1517 sicuramente chi svolgeva questo mestiere doveva essere una persona benestante che aveva potuto svolgere studi universitari.





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